Fiorentina Femminile

FACE2FACE: Mister De La Fuente

A tu per tu con il tecnico argentino: il suo passato nel calcio, l'Argentina, la sua parentela con Zanetti, la nuova Viola.

13 aprile 2024

Il sole filtra dalle finestre del Viola Park, illuminando l’ufficio di Mister Sebastiàn De La Fuente. Instancabile, concentrato, come ogni giorno l’allenatore viola sfrutta i pomeriggi post allenamento per focalizzarsi su tattica e programmazione. I raggi danzano tra le colonne in legno passando su lavagne e schemi abbozzati, nascondendo per un attimo il mate e i disegni fatti da Isabella e Leòn, i figli del Mister che spesso passano a salutare il babbo al lavoro.

Il Viola Park è una seconda casasorride Mister De La FuenteArrivo la mattina presto, vado via la sera per cena. Da questo ufficio vedo tutti i campi, parlo con lo staff nell’open space qui accanto, sono vicino alla sala video. Lavoriamo al meglio”.

La mole di lavoro è sempre ampia, adesso forse anche più di prima. La Fiorentina Femminile sta attraversando un momento delicato, dopo tre sconfitte nella Poule Scudetto. Una flessione figlia di tanti fattori.

Mister De La Fuente, la prima domanda è semplice: cosa è successo?

Il momento non è positivo, ci sono alti e bassi in stagione e in questo momento noi dobbiamo rialzarci. Ogni sconfitta subita nell’ultimo periodo ha una spiegazione diversa. Quello che ci è mancato di più è il goal, una delle caratteristiche di questa squadra fino alla seconda fase. Contro il Sassuolo eravamo provate e un tiro al 95’ ci ha condannato; la sconfitta contro l’Inter è difficile da spiegare, era una situazione troppo particolare. Contro la Juventus avevamo cambiato atteggiamento, ma non siamo riuscite a esprimere il nostro gioco. Sfruttiamo la sosta nazionale e il turno di riposo per riprendere la forma.

Al rientro in Campionato (sabato 20 aprile H 16.15 vs AS Roma al Viola Park ndr) troveremo la Roma. Sarà forse la partita più impegnativa della stagione, non il match giusto per valutare la nostra condizione.

Sicuramente è una partita difficile, ma come tutte quelle della Poule Scudetto. Dobbiamo giocare ancora cinque gare in Campionato, abbiamo un vantaggio sulla quarta ma veniamo da una striscia negativa. Sono partite da giocare con la massima determinazione. Voglio vedere le mie giocatrici in campo con gli occhi della tigre.”



Il margine di punti per la qualificazione in Champions League si è ridotto. Quali possono essere le spiegazioni per lei?



Avevamo molte sicurezze, ora che il gap con l’Inter si è assottigliato non dobbiamo spaventarci. Questa squadra non ha un problema mentale, fisico o di spogliatoio, non ha problema di identità: questa è la Fiorentina che con 12 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte si è qualificata con anticipo alla Seconda Fase. Questa è la Fiorentina che ha in mano il proprio destino: fare punti e qualificarsi in Champions League, dare il massimo e portare in fondo il proprio cammino.

La sua sfida più difficile arriva quindi al termine della stagione. Se lo aspettava?

In generale non è stato semplice tracciare un itinerario che ci portasse alla qualificazione in Europa e allo stesso tempo lottare per un trofeo. Siamo in corsa su entrambi i fronti ma sono state sfide diverse. In Coppa Italia sono partite su 180 minuti, in Serie A bisogna essere presenti un match alla volta. Quest’anno volevamo inaugurare un nuovo corso lottando contro squadre più vincenti della nostra, con l’obiettivo di cambiare e migliorare. Lo abbiamo fatto partendo dalle strutture, possiamo farlo anche con la squadra. Fino all’ultima giornata non abbasseremo la guardia.

Ha parlato delle strutture del Viola Park. Qual è il vantaggio nascosto, oltre alla parte estetica e funzionale?



La condivisione. Non solo nel Padiglione Femminile, parlo proprio all’interno del club. Ogni giorno vedo calciatori, staff, dipendenti, tutti parte di questo universo viola. Incontro spesso Mister Italiano, Mister Galloppa, tutti gli allenatori delle varie squadre. Con loro non c’è solo un saluto, ma anche uno scambio professionale. Dopo le partite mi scrivono, sono tutti informati sul nostro cammino. Nel calcio femminile luoghi così mancano, grazie all’idea di Rocco Commisso e Joe Barone questo progetto è divenuto realtà. Ci hanno uniti e hanno creato questo senso di appartenenza.”

Il Direttore Barone, così come tutti i dirigenti, è sempre stato vicino e presente. Forse ben più di quanto chiunque sospettasse.

“Assolutamente sì. Il Direttore passava sempre a guardare i nostri allenamenti, non si perdeva una partita, era vicino alle ragazze e allo staff. Per noi, perdere una figura di questo tipo è stata una batosta. Da oggi le cose saranno diverse, ma lo terremo sempre nei nostri cuori.”

Da questo punto di vista non è mancata la vicinanza della società. La squadra femminile resta un punto fondamentale nel progetto del club.

“Sì, già dalla prima partita dopo il lutto contro l’Inter erano presenti tutti i dirigenti. Mi dispiace non aver portato loro una vittoria, ma in quella gara non è scesa in campo la Fiorentina che conosciamo. Ne ho parlato anche con Nicolàs (Burdisso ndr) che conosco da molto tempo e con cui parlo spesso di calcio.”


Il Direttore Tecnico Burdisso è infatti un altro pezzo di Argentina qui a Firenze. Mette la sua esperienza anche al suo servizio?



Conosco Nicolàs Burisso dai tempi in cui mio cognato Javier Zanetti giocava nell’Inter. Lavoro fianco a fianco con un grande team, dal Direttore Sportivo Mazzoncini a tutto lo staff. Spesso incontro Burdisso al Viola Park e ci tiene a condividermi anche il suo parere tecnico tattico, non si perde una partita allo stadio Curva Fiesole. Per me è un lusso poter lavorare con questi professionisti.”

Lei frequenta il mondo del calcio argentino da diverso tempo, anche solo per il suo legame di parentela con Javier Zanetti. Quanto è difficile crearsi un nome nel calcio che non sia “cognato di”?

“Nel 1992, anno in cui si è fidanzato con mia sorella, ho conosciuto Javier. È nata subito un’amicizia e quando sono venuto a vivere in Italia è stato come avere un altro fratello. Mi aiuta o mi pesa? Mi ha aiutato tanto e quando volevo lasciare l’Argentina ho scelto l’Italia proprio per lui. Ma Javier merita il nome e la fama che ha, il riconoscimento che ha da parte di tutti è frutto della sua professionalità. Il nostro legame va al di là di queste considerazioni: siamo una famiglia, il successo di uno è il successo di tutti.”

In questo modo ha ricreato un ambiente “argentino” qui in Italia. Sua sorella e suo cognato, e ovviamente sua moglie, sempre presente sulle tribune degli stadi in cui gioca.



“Adesso che è con me non si perde una partita. Siamo insieme da tanto, ma non è stato semplice quando ho iniziato a inseguire il mio sogno da calciatore in Italia.”



Come si è intrecciato il calcio con la sua vita personale?

Ho incontrato mia moglie quando avevo 13 anni. Abbiamo frequentato lo stesso liceo, poi la stessa università. Ci siamo fidanzati solo quando eravamo più grandi e nel 2005 ci siamo spostati. I nostri figli, Isabella di 11 anni e Leòn di 6, sono nati in Italia ma hanno doppio passaporto. È la mia compagna di vita, ha creduto in me e nella mia carriera. Sei mesi dopo il nostro fidanzamento io sono partito per l’Italia per giocare. Non esistevano i mezzi di oggi, per cui ci sentivamo solo per telefono. Avevo la tessera per le chiamate internazionali, ma i minuti non bastavano mai. A causa del fuso orario, e del fatto che la mia futura moglie a Buenos Aires lavorava fino alle nove di sera, io uscivo la notte alle due del mattino a cercare una cabina telefonica per parlarle. Abbiamo passato un anno così, poi sono tornato in Sud America. Quando sono rientrato in Italia lei è venuta con me e mi ha supportato in tutta la mia carriera calcistica e non.”

Voglio fare un passo indietro e nel profondo all’interno della sua vita nel mondo del pallone. Sebastiàn De La Fuente nasce allenatore? Era il suo obiettivo di vita?



La mia vita è stata finora piena di avventure e cambi di rotta. Ciò che mi ha sempre guidato è stata la passione per il calcio. Ho iniziato a giocare nel Club Atletico Talleres fino alla Primavera, poi qualche cambio di maglia fino a che sono approdato nella serie B2 Metropolitana. In Argentina ci sono diverse categorie, molta concorrenza ma nonostante la richiesta di impegno professionale non giravano tanti soldi. Per questo ho portato avanti un piano B: mi sono iscritto all’Università per studiare Comunicazione Sociale. Per qualche tempo mi sono dedicato a questa carriera giornalistica, seguivo il Banfield (dove giocava Javier Zanetti) e avevo un programma radiofonico ogni sera. Era un hobby, il mio focus era sempre sul calcio e per questo a 25 anni sono venuto in Italia per giocare in Eccellenza. Non avevo uno stipendio alto per cui in quella stagione sono andato a lavorare in fabbrica, nel controllo qualità. L’anno successivo ho cambiato squadra, giocavo in Prima Categoria e nel frattempo lavoravo nel ristorante argentino di Zanetti. Poi mi sono spostato nuovamente a Como e lì mi sono avvicinato alla carriera di allenatore. La mia prima esperienza in panchina è stata con la Casnatese, Terza Categoria Maschile. In quegli anni ho conquistato due promozioni con due squadre diverse. Il punto di svolta è stata la scuola calcio “Leoni di Potrero” dove ho conosciuto Pablo Sebastian Wergifker che allenava la Primavera Femminile dell’Inter. Sono andato a vedere le loro partite ed è scattato qualcosa. Non saprei spiegare, lo senti e basta. Mi si è accesa la scintilla. Il livello era ovviamente più basso di adesso, ma militavano tante calciatrici che oggi giocano titolari in Serie A. Sono diventato il suo vice e da lì ho proseguito nella carriera da allenatore. Il mio primo grande traguardo è stata la promozione in Serie A con l'Inter Femminile. Una grande soddisfazione che mi ha ripagato del duro lavoro di tutti questi anni.”

Un viaggio che la porta al Como Women e poi a Firenze. Qui dal suo ufficio abbiamo iniziato e qui chiudiamo guardando avanti. Cosa ci aspetta nei prossimi mesi?



Ci aspetta un grande lavoro e un grande impegno. Ogni giorno entro in questo ufficio e penso che dobbiamo meritarci questa squadra e questa società. Siamo ambiziosi e lo vogliamo dimostrare.”

Nel suo palmares personale figura già una Panchina d’Argento per la promozione conquistata con il Como Women. A proposito di ambizioni, punta anche alla Panchina d’Oro?



“Sono molto felice di aver ricevuto quel premio, ma la Panchina d’Oro devo meritarmela. Questo significa che in questi ultimi due mesi devo dare il 100%. Voglio conquistare la qualificazione in Champions League e la Coppa Italia: contro di noi squadre agguerrite e motivate, sarà una battaglia fino all’ultimo minuto”.

La Poule Scudetto prosegue questo weekend con la Fiorentina che osserverà il turno di riposo. Il prossimo appuntamento con le Viola è per sabato 20 Aprile ore 16.15 contro le Campionesse d’Italia dell’AS Roma allo stadio Curva Fiesole.

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